La principale critica mossa contro l’Unione europea negli ultimi anni è la scarsa attenzione alla questione sociale, la quale, a distanza di tempo dalla crisi economico-finanziaria del 2008, continua ad alimentare un certo sentimento anti-europeista, che condanna la chiusura della UE dietro rigidi principi di economia e finanza.
Oggi l’Europa si trova a dover affrontare un’altra crisi economica, ben più forte della precedente, nata dallo scoppio della pandemia di COVID-19, che ha generato, non solo un’emergenza sanitaria, ma anche un forte allarme sociale in tutti gli Stati membri.
Il lock-down, adottato a diversi livelli in tutti i paesi, quale principale misura di contrasto alla diffusione dell’epidemia, ha avuto, da subito, un’inevitabile ricaduta negativa sul mercato del lavoro, con l’innalzamento repentino del tasso di disoccupazione europea, e conseguentemente sui bilanci statali, che hanno registrato un sensibile aumento della spesa pubblica per sostenere imprese e lavoratori.
Di fronte ad un fenomeno di tale portata, la UE non ha potuto ignorare la richiesta di aiuto proveniente dagli Stati, senza esporre il fianco alle frange anti-europeiste e rischiare di innescare una grave crisi politica interna alle istituzioni europee.
La Ue ha, dunque, conferito nuova centralità alla questione sociale e ha catalizzato la sua azione verso una politica di solidarietà, mettendo in campo una serie di aiuti in favore dei Paesi europei.
In particolare, per attenuare i rischi di disoccupazione conseguenti all’epidemia di COVID‐19 e mitigare gli effetti diretti di un aumento eccezionale della spesa pubblica dei singoli Stati membri, l’UE ha adottato SURE -Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency.
Si tratta di uno strumento finanziario, di natura straordinaria, con il quale l’Europa ha deciso, in uno spirito di solidarietà, di sostenere i rilevanti aumenti della spesa pubblica nazionale, connessi agli strumenti di riduzione dell’orario di lavoro e a misure analoghe, anche in favore dei lavoratori autonomi, che sono stati attivati in risposta alla crisi dell’economia da COVID-19, nonché per sostenere le spese connesse a determinate misure di carattere sanitario, in particolare sul luogo di lavoro.
SURE è stato adottato il 19 maggio 2020, con regolamento (UE) 672/2020 e fonda la sua base giuridica nell’art. 122 TFUE, il quale, facendo appello allo spirito di solidarietà tra Stati membri, consente al Consiglio di decidere, su proposta della Commissione, l’adozione in favore di uno Stato membro di misure adeguate a fronteggiare gravi difficoltà, che derivino da circostanze eccezionali fuori dal controllo della politica nazionale, concedendogli a determinate condizioni un’assistenza finanziaria per sostenere l’economia nazionale.
In ossequio ai suddetti principi fondanti, SURE è uno strumento eccezionale, condizionato al perseguimento di determinati obiettivi e ha natura temporanea. Esso cesserà di essere attivo quando gli effetti della crisi si dissolveranno. A tal fine, ogni sei mesi, la Commissione valuterà il permanere delle circostanze eccezionali che sono causa delle gravi perturbazioni economiche negli Stati membri e riferirà al Consiglio.
SURE presenta un plafond di 100 miliardi di euro per tutti gli Stati membri, che, in attuazione dell’art. 220, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, verranno offerti sotto forma di prestiti a condizioni favorevoli, finanziati mediante il ricorso ai mercati internazionali dei capitali.
Questi prestiti, che a norma dell’art. 7 del regolamento istitutivo, saranno erogati a rate, sono condizionati all’utilizzo da parte degli Stati membri per finanziare gli strumenti pubblici impiegati per proteggere i lavoratori e consentire alle imprese di restare in piedi, scongiurando irreversibili ricadute occupazionali.
Come prevede l’art. 2 del regolamento istitutivo, SURE è uno strumento a carattere integrativo, nel senso che si aggiunge alle misure nazionali adottate dagli Stati per attenuare gli effetti economici, sociali e di carattere sanitario causati dall’epidemia di Covid‐19. Pertanto, i prestiti saranno concessi a condizione che nello Stato membro richiedente, l’epidemia di Covid‐19 abbia determinato, a decorrere dal 10 febbraio 2020, un aumento severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata per via delle misure nazionali adottate. Tale data è stata fissata quale decorrenza unica della crisi sanitaria in tutta la UE, garantendo così parità di trattamento per tutti gli Stati membri, indipendentemente dal momento in cui si è manifestata l’epidemia di Covid‐19 in ciascun Stato membro.
In base ai criteri fissati dall’art. 3 del regolamento istitutivo, ai fini della concessione del prestito, le misure nazionali attivate da ciascun paese dovranno intendersi conformi ai principi dei diritti fondamentali in materia ed essere collegate direttamente alla creazione o all’estensione di regimi di riduzione dell’orario lavorativo e a misure analoghe, comprese quelle destinate ai lavoratori autonomi, o a determinate misure di carattere sanitario. I regimi di riduzione dell’orario lavorativo, come definiti dal regolamento medesimo, sono programmi pubblici che, in determinate circostanze, consentono alle imprese in difficoltà economiche di ridurre temporaneamente l’orario di lavoro dei propri dipendenti, ai quali viene erogato un sostegno pubblico al reddito per le ore non lavorate[1]. Regimi analoghi di reddito sostitutivo esistono anche per i lavoratori autonomi[2].
Non saranno, invece, coperte dallo strumento finanziario quelle misure destinate esclusivamente al sostegno del reddito di lavoratori disoccupati, poiché l’obiettivo di SURE è quello di mantenere i livelli occupazionali ed evitare la fuoriuscita dal mercato del lavoro[3].
La procedura per richiedere l’assistenza finanziaria di SURE è descritta all’art. 6 del regolamento, secondo il quale l’intervento della UE, in favore di uno Stato membro richiedente, è subordinato ad una istanza del singolo Stato membro in difficoltà, la quale viene rimessa alla decisione di esecuzione del Consiglio, adottata sulla base di una proposta della Commissione, previa verifica dei suddetti requisiti di cui all’art. 3 del regolamento istitutivo.
Con la decisione di esecuzione del Consiglio vengono comunicati allo Stato richiedente: l’importo del prestito, la scadenza media massima, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità e le altre regole dettagliate necessarie per la concessione dell’assistenza finanziaria; nonché una valutazione del rispetto da parte dello Stato della condizionalità fissata dal suddetto art. 3 per ottenere il prestito.
Infine, in virtù dei principi di parità di trattamento, solidarietà, proporzionalità e trasparenza la decisione di esecuzione del Consiglio viene adottata dopo aver valutato, non solo le esigenze attuali e attese dello Stato membro richiedente, ma anche le richieste di assistenza finanziaria al programma SURE già presentate o programmate da altri Stati membri.
[1] Ad es. in Italia tali strumenti corrispondono alla Cassa Integrazione Guadagni, della quale esistono vari tipi: CIGO, CIGS, CIG in deroga.
[2] In Italia, salvo l’intervento straordinario costituito dai bonus per gli autonomi, riconosciuti durante il periodo del lock-down, non esiste un regime generale di sostegno del reddito degli autonomi per garantire la prosecuzione dell’attività in tempi di crisi. Misure di sostegno estremamente limitate sono predisposte da alcune casse previdenziali connesse a determinati ordini professionali, che mettono a disposizione alcuni fondi per aiutare i professionisti in difficoltà.
[3] A quello scopo, potrebbe essere destinato il regime europeo di riassicurazione della disoccupazione, già oggetto di dibattito a livello europeo e fatto proprio quale elemento chiave del nuovo programma della Commissione UE a guida Von der Leyen. Si tratterebbe di uno strumento di soccorso, finanziato da contributi regolari provenienti dagli Stati membri, da attivare quando i livelli di disoccupazione in un determinato Stato membro raggiungano certi valori predeterminati.